Sentenza n. 131 del 1993

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SENTENZA N. 131

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 2 aprile 1968, n.482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), promossi con quattro ordinanze emesse il 27 aprile 1992 dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Pescara nei procedimenti penali a carico di Campus Pierpaolo, di Di Battista Rodolfo, di Barp Romolo e di Pierangeli Luigi, iscritte ai nn.442, 443, 444 e 445 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1993 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto in fatto

l. Nel corso di un procedimento penale a carico di Pierpaolo Campus - imputato della contravvenzione di cui agli artt. 8, 11 e 23 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (per avere omesso di inoltrare all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione la richiesta di avviamento al lavoro di lavoratori appartenenti a categorie protette) - il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Pescara, richiesto di emettere decreto penale di condanna, ha sollevato, in riferimento all'art. 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 24 della stessa legge, nella parte in cui prevede l'obbligo di sospendere il procedimento per consentire la definizione amministrativa della violazione, con effetto estintivo del reato, senza che sia posto un termine per l'esaurimento della procedura amministrativa di oblazione.

L'art. 24 della legge n. 482 del 1968 disciplina la definizione in via amministrativa delle contravvenzioni (previste dall'art. 23) con provvedimento del Prefetto, sentita la commissione provinciale per il collocamento. Il mancato esperimento della fase conciliativa comporterebbe, ad avviso del giudice rimettente, la sospensione del procedimento penale sino all'esaurimento della fase amministrativa, che con l'avvenuta oblazione estingue il reato. Ma se tale fase si protrae senza termine, la indefinita sospensione del procedimento penale farebbe dipendere l'esercizio dell'azione penale dall'autorità amministrativa.

Il giudice rimettente afferma di essersi trovato nella condizione di non poter accogliere la richiesta del pubblico ministero di emissione del decreto penale di condanna, proprio in quanto non si era ancora esaurita la procedura amministrativa prevista dalla norma censurata, perchè non era stato emesso il parere della commissione provinciale per il collocamento obbligatorio, richiesto per l'adozione del provvedimento prefettizio.

2. - Identiche questioni sono state sollevate dallo stesso giudice, con tre ordinanze emesse tutte il 27 aprile 1992, nel corso di procedimenti penali a carico rispettivamente di Rodolfo Di Battista, di Romolo Barp e di Luigi Pierangeli.

3. - In tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, non fondata.

L'Avvocatura osserva che la disposizione censurata non prevede alcuna sospensione, obbligatoria o facoltativa, dell'azione penale. La questione non investirebbe pertanto la portata precettiva della disposizione denunciata e, sotto questo profilo, potrebbe essere ritenuta inammissibile.

L'Avvocatura rileva che il giudice rimettente ha omesso di verificare se il principio giurisprudenziale dell'obbligatorietà della sospensione persista alla luce del nuovo codice di procedura penale, che contiene, all'art. 3, una diversa e più restrittiva disciplina della sospensione, rispetto a quella prevista dagli artt. 19 e 20 del codice precedente. La tesi della mancanza di un termine perentorio per la definizione amministrativa della contravvenzione, avanzata dal giudice rimettente, non terrebbe inoltre conto della portata generale dell'art. 2, primo e terzo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che fissa in trenta giorni il termine per l'adozione di qualsiasi provvedimento, quando leggi o regolamenti non stabiliscano un termine diverso.

Considerato in diritto

l. - La questione di legittimità costituzionale sottoposta all'esame della Corte concerne l'art. 24 della legge 2 aprile 1968, n. 482, inserito nel contesto della disciplina generale delle assunzioni obbligatorie di persone delle categorie svantaggiate: invalidi di guerra, per servizio, del lavoro, civili, ciechi, sordomuti, orfani e vedove di caduti, ex tubercolotici, profughi.

Tale disposizione prevede la possibilità di definire in via amministrativa le contravvenzioni all'obbligo e alle modalità di assunzione degli aventi diritto, delineando la relativa procedura. I verbali di contravvenzione sono rimessi al Prefetto.

Questi, sentito il parere della commissione provinciale per il collocamento obbligatorio, determina l'ammontare della somma dovuta dal contravventore, il quale può effettuare il relativo versamento entro quindici giorni dalla comunicazione. In mancanza, il verbale di contravvenzione è trasmesso all'autorità giudiziaria entro sessanta giorni.

Il giudice per le indagini preliminari della Pretura di Pescara, seguendo la giurisprudenza dominante, ritiene che la procedura di definizione amministrativa delle contravvenzioni non sia di ostacolo all'inizio ed alla prosecuzione dell'azione penale, ma che il processo debba essere sospeso, perchè l'oblazione amministrativa produce l'estinzione del reato. Se tale procedura si protrae per un tempo indefinito - come nei casi sottoposti al suo giudizio, nei quali la commissione provinciale per il collocamento obbligatorio non aveva emesso il proprio parere - l'azione penale resterebbe sospesa senza alcun termine, determinando, ad avviso del giudice rimettente, un contrasto con l'art.112 della Costituzione.

2. - I giudizi, avendo ad oggetto la stessa disposizione e proponendo con la medesima motivazione una identica questione, possono essere riuniti e vanno decisi congiuntamente.

3. - La questione prospettata attiene, ad avviso del giudice rimettente, all'esercizio dell'azione penale, in ragione della asserita sospensione senza termine del processo, in attesa della conclusione del procedimento di definizione amministrativa delle contravvenzioni in materia di collocamento obbligatorio di categorie protette. Essendo obbligatorio il parere della commissione provinciale per il collocamento, previsto dall'art. 24 della legge n. 482 del 1968, la omessa riunione di tale commissione e di conseguenza la mancata determinazione da parte del Prefetto della somma dovuta dal contravventore protrarrebbero senza limite, ad avviso del giudice rimettente, la sospensione del processo penale.

Questa conclusione presuppone non solo, seguendo la interpretazione giurisprudenziale dominante, che il contravventore abbia diritto a vedere attivata la procedura di definizione amministrativa (a tal fine l'art.24 della legge n. 482 del 1968 espressamente prevede che i verbali di denuncia siano rimessi al Prefetto della Provincia), ma anche che non siano legislativamente prefissati tempi certi per la conclusione di tale procedura.

La seconda premessa, che assume indefinita la durata della procedura amministrativa e quindi della sospensione del processo penale, non è esatta. Le norme in materia di procedimento amministrativo, che hanno portata generale, prevedono che l'amministrazione (in questo caso il Prefetto) ha il dovere di concludere ciascun tipo di procedimento nei termini disposti per legge o per regolamento (art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241). Proprio l'art. 24 della legge n. 482 del 1968 determina, per la definizione amministrativa delle contravvenzioni in materia di assunzioni obbligatorie, una successione concatenata e vincolante di termini per l'adozione del provvedimento prefettizio: entro 15 giorni dalla ricezione dei verbali di contravvenzione è fissata la somma dovuta dal contravventore; entro 15 giorni dalla comunicazione della decisione prefettizia deve essere effettuato il pagamento; in mancanza, entro sessanta giorni il verbale è trasmesso all'autorità giudiziaria.

In ogni caso il procedimento penale inizia o prosegue entro i ristrettissimi tempi così indicati. Nè può essere attribuita efficacia ostativa al mancato parere della commissione provinciale per il collocamento, giacchè, se questo organo non si pronuncia entro il termine fissato dalla legge, il Prefetto, in base alle norme comuni in materia di procedimento amministrativo (art. 16 della legge n. 241 del 1990), può e deve provvedere indipendentemente dall'acquisizione del parere.

Non sussiste, pertanto, l'ostacolo all'esercizio dell'azione penale prospettato dal giudice rimettente: la questione di legittimità costituzionale è quindi infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), sollevata, in riferimento all'art. 112 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Pescara con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/03/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 01/04/93.